Quella luna a testa in giù

Gold pagoda and lantern hung up on the rail to the prosperity in loy kratong festival at wat phra that haripunchai lamphun Thailand at night time

Era una di quelle mattine in cui il sole non si fa vedere, ma si fa sentire sulla pelle, forte e chiaro. Arrivare la mattina di Natale a Bangkok era strano, umido, afoso e bellissimo. Avevo iniziato la mia visita a Banglamphu, un quartiere che dà sul fiume che attraversa la grande città, vicino al Palazzo Reale, ai templi, alle botteghe e dopo un paio d’ore, non avevo ancora incontrato nulla che mi facesse capire che era Natale. Era il momento di fare colazione e il posto migliore per farlo mi sembrò una piccola bancarella che vidi a un lato di Khao San Road, la lunghissima via che stavo percorrendo. Qui mangiai la tradizionale colazione thai, ovvero un piatto a base di riso, frutta, uova, pollo e verdure, accompagnato da un tè fumante e profumato, che non fece che aumentare il calore che sentivo. E proprio mentre cercavo una bottega per rinfrescarmi con dell’acqua, vidi lui, un piccolo Babbo Natale di stoffa, appeso a una mezza luna a testa in giù. Dovevo aver visto male, il caldo mi stava dando alla testa… cosa ci faceva Babbo Natale lì in alto? E poi, perché la luna se ne stava con le punte rivolte verso il basso? Chiesi in giro, ma tutti mi spiegarono che rappresentava Santa Klaus che scende dal cielo per dare i doni ai bambini…

Che strano pensai, non lo avevo mai visto così vicino alla luna. E poi il tempo, quel giorno, passò veloce come il vento. Non avevo mai visto una città così capace di ruotare su se stessa tutto il giorno, lenta e confusa al tempo stesso. Era la prima volta che vedevo un mercato galleggiante come quello di Damnoen Saduak, dove arrivai in barca, allontanandomi dalle enormi statue che custodivano il Wat Phra Kaew, il tempio del Buddha di giada, che ancora sembravano guardarmi mentre solcavo le acque dense della città. Ero arrivato a 100 km da Bangkok in un soffio, cullato dalla pacatezza delle acque torbide e dolci che sembravano aver fermato il tempo. E invece il tempo era andato avanti, impassibile ed era in un baleno arrivato il momento di godere di un tramonto acceso, abbagliante, che sembrava quasi volerci risvegliare da quello stato di calma in cui eravamo sprofondati in quel mercato fuori dal mondo e dal tempo che conoscevo. E mentre chiacchieravo con un abile e anziano cacciatore di coccodrilli che mi raccontava delle sue avventure al limite del credibile, arrivò il buio, d’un colpo.

E se il buio solitamente confonde le idee, finalmente quella sera mi fu tutto chiaro. La luna splendeva al contrario di come ero abituato a vederla, ed era impressionante, bellissima.

Per festeggiare la soluzione del mistero, mi concedetti il dolce che spopolava quella sera tra le bancarelle sull’acqua, una composta di banane e cocco, avvolta in una foglia di banano. Ecco la ricetta che mi hanno lasciato:

Ingredienti per 4 persone

  • 350 g di banane
  • 120 ml di latte di cocco
  • 60 g di farina di riso
  • 80 g di zucchero
  • 1 pizzico di sale
  • 200 g di scaglie di cocco
  • foglie di banano

Preriscaldate il forno a 150 °C. Sbucciate le banane e insieme agli altri ingredienti lavorateli con un frullatore (ad immersione) fino ad ottenere un impasto dalla consistenza dura. Tenete da parte alcune scaglie di cocco per uso decorativo. Fate cuocere l’impasto in una teglia da forno o una tortiera rivestita di carta da forno per ca. 20 minuti. Per formare dei piccoli coni, tagliate le foglie di banano a quadrati (ca. 10 x 10 cm) arrotolatele e fissatele con uno spiedino per cocktail o uno stuzzicadente. Una volta che l’impasto è cotto, inseritelo nei piccoli coni di foglie di banano (o in piccole ciotole), cospargete con le scaglie di cocco e servite.

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