Caro Babbo Natale,
spero che questa mia ti arrivi per tempo e che la noterai, lì in mezzo alla montagna di voglio il CiccioBello malato e un anello di Tiffany.
Sono parecchi anni che non ti scrivo, anche se mai ho messo in dubbio la tua esistenza. Anzi, anni fa ho sostenuto che tu certo che esisti e ci sei proprio con il mio capo e da allora la mia carriera (se mai ne avessi avuto una) si è frantumata, nenanche l’avessi investita tu con tutte le renne.
Peccato, per il capo dico, perché è ovvio che chi non crede a Babbo Natale non è portato a comprendere bene le persone e neppure gli accadimenti della vita.
Da allora me ne sto un po’ sulle mie, perché non mi fido mica.
Comunque, non è di questo.
Ti scrivo perché dopo diversi lustri e altre avventure ho anch’io una lista di desideri. Non si tratta solo di cose, ma soprattutto di altro. E’ un compito difficile, ma tu sei Babbo Natale che diamine!
Sono un po’ arrugginita nell’esprimere desideri, perché, te ne sarai accorto, non sono tempi i nostri che ti invogliano a farlo, che c’è il mutuo da pagare e mica si può star lì a fare capriole con gli elfi.
Non mi dilungo, sì, scusa.
Allora.
Vorrei caro Babbo, che dalla TV sparissero, possibilmente del tutto, le pubblicità degli shampoo o che cambiassero, perché così come sono sembra che siamo tutte nipotine di Sansone e senza capelli valiamo niente, non siamo neppure belle. Come la mettiamo con le donne che non hanno chioma? Guarda che purtroppo ce ne sono parecchie e tra queste, molte, non stanno affatto bene e sentirsi implicitamente dire che sono pure cesse non aiuta neanche un po’. E così le altre pubblicità che non sembra, ma alla lunga ti pongono domande esistenziali scomode tipo “perché io non sono felice di pulire i fornelli, che problema ho?”
Vorrei poi che la buona educazione, che cambia eh da Paese a Paese, venisse dichiarata patrimonio dell’umanità e insegnata in tutte le scuole a tutte le latitudini. Vedi mai che generazioni ben educate facciano meglio di noi fin qui.
Vorrei che fosse la saggezza l’unica arma usata da qualsivoglia Nazione e in tutte le azioni.
Vorrei che la taglia 44 (ma anche le altre) fosse davvero la taglia 44, che se poi invece devi comprare la 48 perché non ci entri, hai danni morali permanenti. E chi ti risarcisce?
Vorrei che la logica del vincente finisse nelle barzellette, mentre il non prendersi troppo sul serio fosse uno stile di vita universale.
Vorrei che si avesse sempre voglia di imparare, che poi è quella cosa che demolisce i pregiudizi e anche i giudizi affrettati.
Tanta roba eh, ma ho anni da recuperare.
Vorrei un’edizione Vegan di Masterchef e un XFactor per stonati e anche una di Masterpiece per i bambini delle elementari e i loro pensierini.
Portami, questo sì PERFAVORE, una gran botta di culo, che non so bene cosa sia, ma pare sia necessaria e quindi io la voglio.
Poi un gatto nero, un diamante nero, anche i tronchetti, sempre neri e un foulard Greenery (il colore lo capisci dal Pantone) che se proprio devo essere vittima di qualcosa, che sia di fashion.
Se la incontri, dì a MaryPoppins che può venire a stare da noi per un po’.
Vorrei che gli errori venissero ammessi e non rimbalzati e che si capisse in modo definitivo che eseguire ordini a occhi chiusi è la forma più grave di cecità.
Opportunità a profusione e pioggia incessante di seconde (ma anche terze o quarte) possibilità: per cambiare, per riprendersi, per fare ciò che ci sta a cuore o di cui abbiamo bisogno.
Uhm. Non so se in slitta ci sta tutto, se vuoi ti do una mano a caricare, che sono bravissima.
Ah, per favore, passa dal mio capo e da chi dice che non esisti. Poi vediamo se le cose non cambiano davvero.
Auguri.
A tutti.
Con Affetto 🙂
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