“E in lontananza l’inverno bisbigliò”. Il vincitore del concorso e il magico premio

Inverno

Era gennaio quando vi abbiamo chiesto di immaginare un racconto breve sull’inverno. E proprio ora che sembra così lontano, ecco il racconto che più ha saputo farci sentire la sua voce

Mancano esattamente 6 mesi al Natale, ed è tempo di festeggiare! Quale modo migliore che leggere un bel racconto immerso nella magica atmosfera dell’inverno?
In moltissimi hanno risposto alla chiamata del concorso letterario indetto da Magic Blitzen “E in lontananza l’inverno bisbigliò” ed è stato bellissimo immergersi tra le parole di chi ha dedicato un pensiero all’inverno. Inventando storie, rispolverando i ricordi più cari e immaginando scenari unici e intensi. Per questo motivo, prima di comunicare il vincitore, desideriamo ringraziarvi di cuore. Sia per aver aderito con un entusiasmo raro da prevedere, sia per averci fatto emozionare con i vostri racconti brevi che sono stati la più bella compagnia prima di andare a dormire. Tutti, ma proprio tutti i partecipanti al concorso, hanno saputo portare la magia dell’inverno nelle serate primaverili. E così, abbiamo sognato la neve.

Ed è proprio la neve la protagonista del racconto vincitore: Lacrime di neve di Francesca Gnemmi!

Una magica amicizia tra la neve e una lupa, vi trasporterà in un angolo splendido dell’inverno immaginato dall’autrice. Ma prima di leggerlo, è bene svelare il bellissimo premio che si è aggiudicata. Francesca riceverà un buono per un soggiorno nello splendido Mirtillo Rosso Family Hotel. Un luogo magico e speciale, dove è natale ogni 25 del mese.

Mirtillo Rosso è il primo e unico hotel in Italia dedicato al Natale,
un Family Hotel in cui vivere, sentire e vedere la magia del Natale
nelle sue forme, negli eventi, nelle scenografie, nei racconti,
nei giochi che invitano alla scoperta e conducono alla sorpresa.

Complimenti Francesca!
Pronti a emozionarvi con il suo racconto? Noi non vediamo l’ora di rileggerlo!

Lacrime di neve di Francesca Gnemmi

Primavera aveva bussato alla porta del vecchio saggio, governatore delle stagioni, trovando l’uscio serrato. Lo chiamò, senza ottenere risposta. Non era ancora tempo di sbocciare.
Candida neve fioccava soffice sul manto erboso, vestendo da sposa cime di abeti e rami spogli di larici e betulle pendule. Le impronte sbiadivano lungo il pendio.
Il branco procedeva veloce, in fila indiana, verso l’altopiano più alto e lontano dall’uomo. La ricerca di cibo non era stata vana. Nelle tane c’erano bocche da sfamare. Cuccioli che attendevano il ritorno delle madri e femmine anziane rimaste di guardia e ansiose di ricevere qualche avanzo.

Annie si attardava. Per un po’ era stata in coda agli altri, guardandosi intorno, nella speranza di trovare una traccia o un segnale. Poi, aveva deciso di imboccare un’altra direzione e lasciare la via conosciuta per una ignota. Aveva camminato a passo spedito, indugiando di tanto in tanto, odorando l’aria e tendendo le orecchie per captare il minino rumore, un fruscio o un alito che la conducesse da Neve.
La straniera dell’Inverno era fuggita. La grotta dove viveva, al riparo dai raggi del sole e dalla curiosità degli umani, era vuota. Le orme dei suoi piccoli piedi di fata erano teneri stantuffi sui muschi e sul terreno, ma la nevicata le aveva cancellate dal tappeto immacolato in pochi minuti. Figlia della Luna e caduta dal Cielo, era stata abbandonata sulla Terra, senza sapere cosa fare del proprio destino, confinata all’isolamento. Nessuno sapeva se sarebbe sopravvissuta quando il tepore avrebbe soffiato via il freddo. Neve era sola al mondo. Così la chiamavano gli animali che popolavano quelle lande selvagge, poiché amava danzare scalza sui prati innevati, vestiva impalpabili veli e somigliava a una dea diafana.

Una notte, la lupa l’aveva vista aggirarsi nel bosco. L’aveva seguita, attenta che la giovane non si accorgesse di lei e che nessuno del branco si fosse accodato durante l’appostamento. Da allora l’aveva spiata per conoscere le sue abitudini. Era una creatura notturna e solitaria. Delicata come un fiore ma forte come una roccia. Volta dopo volta, si avvicinava di qualche passo, finché la propria presenza non fu scoperta. Neve non scappò e le tese la mano. Annie si avvicinò, titubante, protese il muso per annusarla e, alla fine, lo depose nel suo palmo, gelido ma, allo stesso tempo, custode di immenso calore. Divenne sua fedele compagna, nonostante il branco disapprovasse. Neve non era pericolosa ma non era una di loro. Non apparteneva a nessuno. Accanto a lei, Annie si sentiva serena e al sicuro. Permetteva alle fredde dita di accarezzarle il pelo e ascoltava, rapita, le melodie sussurrate dalla sua flebile voce. Aveva avvertito la sua tristezza e compreso che il gelo da cui era avvolta stava divorando il suo animo, bramoso di scoprire se stesso e compiere azioni buone e gentili.

La trovò ai margini di una conca, accovacciata su un tronco caduto, sulla riva di un ruscello.
Quando i loro occhi si incrociarono, fu un fiume di emozioni. Neve non era sola. Lacrime come diamanti. Pianse Neve. Tutto il suo dolore. Annie le offrì conforto e dal loro abbraccio, una fanciulla e una lupa, si compì il miracolo della vita. Poco prima dell’alba, le radure, coperte di lattea bambagia, si svegliarono puntinate di teneri boccioli. Migliaia di piccoli fiori, chiusi nei loro calici blu violaceo, spuntavo qua e là. Erano Hepatica nobilis, anemoni di montagna, nati dal pianto sincero di Neve. Puri come l’acqua delle sorgenti e coraggiosi come le gocce che riempiono gli oceani. Il profilo di Annie si stagliava nel cielo appena schiarito. Cantò di gioia, narrando la storia di Neve, fanciulla della Fecondità. Gli abitanti del regno animale, il suo branco e coloro che erano in viaggio in quella regione, risposero in coro, accogliendo la nuova venuta. Ululati di festa echeggiavano, gai, nell’aria. Latrati spaventosi per gli esseri umani, letizia per la natura. Minuti di solenne celebrazione.
E, in lontananza, Inverno bisbigliò il suo commiato, lasciando un battente socchiuso per la tiepida Primavera.

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